"What is that feeling when you're driving away from people and they recede on the plain till you see their specks dispersing? - it's the too-huge world vaulting us, and it's good-bye. But we lean forward to the next crazy venture beneath the skies."
(Jack Kerouac)
- 100.
Non ho mai sentito nessuno dire che il cibo è soltanto un mezzo col quale nutrirsi.
Il cibo è una questione emotiva e gratificativa. È bello farlo, è bello mangiarlo. È bello mangiarlo insieme, è un pretesto per vedersi e condividere. Il cibo è sociale.
Io e le mie intolleranze restavamo sempre fuori dal sociale. A forza di restare fuori dal sociale, per un motivo o l'altro, devo aver fatto una sostituzione mentale. Deve essermi partita l'ossessione, devo aver adorato la soddisfazione di non privarmi più di niente. Anche se questo avrebbe significato farlo da sola.
La cosa strana che capita durante un'abbuffata è che all'ennesimo boccone non senti più il sapore. Il sapore scompare. È come se ci fosse una soglia oltre la quale le papille gustative si desensibilizzano al gusto. Quel sapore che in particolare stai continuando da mezz'ora a ficcarti in bocca.
Eppure questo non ti ferma. Nulla ti ferma. Sarebbe come cercare di fermarsi durante un rapporto sessuale. Devi finire.
C'era un gioco che facevo con i colleghi, che era una domanda a cui a turno si doveva rispondere, un sondaggio; si chiamava: mangiata o trombata? Che cosa scegli?
Nel mio caso, nel mio unico caso devo dire, vinceva sempre la prima.
Poi c'era un altro gioco, che era l'ultimo pasto dei condannati a morte. Quale sarebbe il tuo?
Alcuni se la cavavano dicendo "sushi", con quest'aria sobria e controllata da aperitivo fra noi. Altri, più audaci, con "le patate di mia nonna" o "le lasagne", "una bella paeilla" o "una crêpe?" Aha. Dilettanti.
Io... beh, senza vergogna, elencavo le più incredibili sbavose porcate alimentari, con le pupille dilatate tipo vampira posseduta dalla sete e l'odore del sangue.
Un pasto che, tra l'altro, morivi prima dell'esecuzione.
Avete visto Chocolat (film del 2000, diretto dal regista Lasse Hallström con Juliette Binoche e Johnny Depp)?
Una invitante e accattivante cioccolateria si viene a stabilire in una piccola timorata cittadina francese in tempo di Quaresima, e il sindaco della città, che tiene la vita del paese sotto il freno di regole rigide e immutabili dettate dalla Chiesa secondo rituali di privazione e disciplina ferrea, invita Vianne, la protagonista proprietaria della pasticceria, a moderare la sua attività.
Sapete che succede alla fine? Arriva la Pasqua, e il sindaco, esausto e deluso dal comportamento dei cittadini che crede ormai vittime di un'oltraggiosa irrecuperabile perdizione incoraggiata dalla nuova arrivata, irrompe nel negozio durante la notte e, di fronte ai cioccolatini, si lascia andare a gesti furiosi di violenza, distruzione, ingordigia e voracità, al termine dei quali, finalmente, si addormenta.
La storia della mia vita.
(Si dorme benissimo, dopo.)
Io lo so. Con le abbuffate ci si porta a quel livello di nausea per cui poi non vuoi avvicinare più niente a vita per una settimana. E subito dopo ti senti Rambo nella tua nuova irremovibile decisione di iniziare la dieta, ma tipo che questa volta... "vedrai tu, potesse colpirmi un asteroide se..."
E sappiamo tutti come va a finire.
Ecco, io non sono qui a profanare le belle cose, non sono qui a rinnegare la mia innata passione per il mangiare solo perché ho perso qualche chilo, e non tifo per le privazioni, che hanno l'effetto contrario, va a finire. Non sono cambiata, in questo.
Sono qui a dire, dopo una manciata di mesi, che una cosa l'ho capita, però. Che bisognerebbe dare ad ogni cosa il giusto nome e il giusto significato.
Disturbo da Alimentazione Incontrollata, per esempio.
Guardarsi allo specchio e domandarsi dove finisce una (quasi) ex sovrappeso che ha sempre trovato nel cibo grande piacere o conforto e dove inizia, invece, una patologia sconosciuta.
"La malattia non è il forte istinto. La malattia non è la conseguenza del comportamento. E non è neanche il comportamento in sé - quello di abbuffarsi -, ma la perdita del controllo sull'istinto."
(Matteo Pacini, Dipendenza da cibo. Comprendere le origini dei disturbi alimentari a partire dalla biologia dell'appetito, 2017)
A questo non so ancora rispondere. La dieta funziona. Il mio dottore è bravo. E le cose vanno meglio. Io sono carica come pochi. Forse dovremmo riparlarne alla fine dei controlli medici, quando non sarò più monitorata e resterò da sola.
Ho grandi speranze, mi sento motivata dati i risultati, ma...
"Scambiare una dieta conclusa con successo con la cura dell'obesità è come sostenere che tirare una freccia con l'arco è la stessa cosa che lanciare un boomerang."
(Matteo Pacini, Dipendenza da cibo. Comprendere le origini dei disturbi alimentari a partire dalla biologia dell'appetito, 2017)
Quindi, attendo la fine della dieta, e il mantenimento, per scoprire come andrà a finire. I chili... non è tanto perderli, è non riprenderli.
Per il momento, sono qui a riconoscere che per godere veramente del cibo, e questo non vale solo per il cibo, bisogna regolarsi, bisogna regolarsi finché ancora si è in grado di sentirne il sapore.
Il segreto sta nel desiderio. E il desiderio sopravvive in maniera inversamente proporzionale al grado della sua soddisfazione.
In mancanza di desiderio, entra in gioco la povertà, lo squallore, l'inerzia.
La morte del desiderio sono l'abitudine e l'abuso, lo spreco.
Il ritegno e la misura, in tutte le cose, invece, le spogliano di rozzezza, di esibizionismo, di quella volgarità data dalla noia, dall'assenza di desiderio.
È quel sottrarre che fa la differenza.
Se lo sgarro non è un'abitudine, ed è controllato, quando avviene è solo da goderselo. Ha un sapore indescrivibile. E non ha alcuna conseguenza negativa. Questo, se ci sentiamo proprio proprio in vena di sgarrare.
Bellissimo in Chocolat il discorso finale di Padre Henri, l'omelia del giorno di Pasqua. Fedele al vero significato della bontà.
Ci sono state alcune cose da sistemare perché la dieta e l'impegno, voglio dire, il percorso col mio dottore, potessero funzionare. Non ce la starei facendo, altrimenti.
Diciamo che un paio di cose in questi mesi ce l'ho fatta a metterle a posto.
Tanto per cominciare, venerdì ho salutato tutti: è stato il mio ultimo giorno in azienda, il mio ultimo giorno della vecchia vita lavorativa, il mio ultimo giorno da informatica. E forse il mio primo da donna in cammino, verso l'arte, verso la vita, verso l'amore, verso la felicità.
Sono passati cinque mesi da quando ho pensato di dire basta.
Fanno altre due stagioni di sopportazione.
Fanno anche quasi dieci anni, trascorsi qui o là, dedicati in totale a questo mestiere. Anche basta.
Forse dovrei fare un discorso articolato sull'addio e tutto il resto, ma in verità, non mi viene in mente niente. Dopo tanto tempo che ho atteso il giorno, devo aver metabolizzato la cosa. Perciò, l'unica cosa che mi viene da dire adesso è... ciao. Buona vita a tutti.
È inutile continuare a lavorare per non restare senza soldi e poi doverli spendere tutti in antidepressivi e cure mediche. Uno se ne va prima, e ci guadagna tempo.
"Cos'è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi? – è il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l'addio. Ma intanto ci si proietta in avanti verso una nuova folle avventura sotto il cielo."
(Questa è la stessa citazione di Kerouac dell'inizio, solo che detta in italiano è immediata, non è vero? Entra prima.
Ne approfitto per aprire una parentesi e rispondere alle polemiche frequenti sul doppiaggio e la fruizione in lingua originale, sul come sarebbe più giusto guardarsi un film: l'importante è poter scegliere. No?
Chiusa parentesi.)
In Accademia da noi c'è una cosa che ti chiamano a fare, in vista del futuro professionale, che è entrare, depositando una registrazione, nella Bacheca delle Voci. Un archivio di voci cui attingere, a disposizione di chiunque abbia bisogno di prestazioni di voice-acting per spot pubblicitari, documentari, audiolibri, speakeraggio, o doppiaggio classico. Si hanno un copione e un microfono e tu ti ritrovi in dieci minuti a dover dire le cose più svariate.
"Nel corso del tempo, essa assunse un aspetto canonico, che rimase quasi invariato per alcuni secoli. A Pompei e a Ercolano sono conservati..."
"Ti perdono per aver tentato di portarmi via mio marito. Ti perdono per aver cercato di distruggere la mia famiglia! Perché io devo perdonarti e basta, devo... devo perdonarti! Anche se dovrei odiarti! Devo perdonarti e basta!"
"Colesterolo in eccesso? Prova Danacol! Grazie agli steroli vegetali, riduce il colesterolo fino al 10% in tre settimane! Funziona..."
E insomma, è stata una cosa esilarante, alla fine!
Arrivata fin qui, ho trascorso l'intero weekend a dormire. Dormire. Contro lo stress, contro i pensieri, contro l'eccitazione della libertà, contro le decisioni da prendere, gli improvvisi avvilimenti, l'euforia.
Dormire. Nonostante i risvegli improvvisi con una tachicardia folle, come se avessi dimenticato un appuntamento o fosse stato tutto un sogno e non avessi sentito la sveglia e avessi fatto tardi al lavoro. Risvegli improvvisi di allerta. Cuore impazzito, nervi da persuadere.
È incredibile quanta roba c'è da smaltire. È come se il cervello non accettasse che all'improvviso può non preoccuparsi più di niente... per un po', che può spegnersi un attimo senza conseguenze, può abbassare la guardia. Devo continuamente ricordarmene, dopo un salto nel letto, e girarmi dall'altra parte.
È tutto molto strano. L'aria all'improvviso è leggera. Ma ingombrante. La strada è aperta. C'è silenzio liquido, l'orizzonte è sfocato.
Un animale cresciuto in cattività, se all'improvviso gli aprissero le porte della gabbia, come si comporterebbe?
Che cosa farebbe?
Ogni tanto ti riascolto, spesso faccio altre cose mentre faccio andare le tue tracce e quindi mi perdo qualche dettaglio o non me le gusto a fondo!
Ora mi ricordo perché mi è piaciuta tanto questa puntata: sì, c’è tristezza perché è la fine di un capitolo molto importante e lungo della tua vita, ma il sospiro di sollievo nascosto tra le righe è talmente grande e bello che sovrasta tutto il resto! 🙂
Quel dannato hamburger ti fa venire fame anche se hai appena mangiato Q.Q
“Quel dannato hamburger ti fa venire fame anche se hai appena mangiato Q.Q” Hai presente a chi lo stai dicendo? =D
E non c’è niente di più bello che sentirsi dire “ti ascolto”, tranne “ti riascolto”. Emozione che non so come esprimere, grazie.
Grazie soprattutto per aver capito lo stato d’animo complesso… Quelle puntate che parlano di cose più intime che non sai mai le persone come prenderanno, ma poi ci sono quelli come te che ti dànno la forza di essere semplicemente te stessa e continuare così, con sincerità.
Grazie di cuore, un abbraccio proprio.