"Time is the coin of your life. It is the only coin you have, and only you can determine how it will be spent. Be careful lest you let other people spend it for you."
(Carl Sandburg)
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Ogni tanto penso che ci hanno lasciato qui.
Come quando da bambini ci lasciavano all'asilo. E dovevamo occupare il tempo come potevamo, in attesa che qualcuno alla fine della giornata ci tornasse a prendere. In qualche modo dovevamo tenerci occupati, e c'erano le attività organizzate, c'era da imparare, poi c'era lo svago, gli amici preferiti, e certe mancanze affettive da superare anche se poi sapevi che sarebbero tornati a prenderti. Insomma, dalle nove alle sei lì dovevi stare, e qualcosa dovevi fare, dovevi inventarti, a tuo modo.
E così, ho pensato, ci hanno lasciato qui, sulla Terra, qualcuno tornerà a prenderci, alla fine, ma nel frattempo qualcosa dobbiamo fare per far passare il tempo. E l'umanità si è organizzata.
Poi ci si accanisce, come si accaniscono i bambini nei litigi, che ti sembra che non conti nient'altro che avere ragione, per ottenere quello che vuoi, che ti scoppia il cuore dalla rabbia per qualcuno che ti fa i dispetti. Che ti faccio vedere io. Perché ci dimentichiamo che dovremo lasciare tutto, che il nostro compito è solo quello di far passare il tempo nel miglior modo possibile. Che poi è finita, si torna a casa.
Siamo soprattutto individui. Non viene meglio tentare di passare una vita bella, ricca, piena, soddisfacente, al punto che arrivino le sei senza che ce ne siamo resi conto, o lo abbiamo desiderato, o ci siamo annoiati a morte, o abbiamo fatto solo quello che chi comanda ci ha imposto di fare?
Le regole sono fondamentali perché ci proteggono dal caos, dal pericolo di un'anarchia prepotente, ma lo svago, la scoperta, l’invenzione, la creatività, sono altrettanto importanti. L'arte, in particolare, il pensiero astratto, è l’unica cosa che ci distingue dagli animali. L'arte è la vera espressione umana. La necessità di dire e tenere traccia, la... persistenza della memoria, titolo del quadro di Dalì, qui sotto, che, non a caso, ci racconta dell'elasticità del tempo.
In tutte le altre cose potrebbero sostituirci le macchine.
E sarebbe meglio avere un ruolo ben preciso nel gruppo, esclusivo, come siamo esclusivi noi, per natura, per nascita, per vissuto, per non passare l’intera vita a sentirci inutili. Perché non lo siamo.
Com’è che diceva Einstein? Ognuno è un genio. Ma, se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido.
E sempre Einstein ha usato, a sua volta, l'elasticità del tempo per tentare di spiegare la teoria della relatività:
"Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando. Quando un uomo per esempio siede vicino a una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora."
La salute fisica, la salute mentale, la salute spirituale, e la salute sociale sono le cose che io chiedo nelle mie preghiere, tutti i giorni. Per tutti, e per me. Nel momento in cui mi vengono concesse - voglio dire, date quelle - il minimo che io possa fare è andare in giro cantando. Ringraziando. Desiderando, inseguendo, cercando, scoprendo, vivendo, ridendo, amando.
La morte è aspettare le sei sui gradini dell'entrata. Che vuoi tornare a casa perché lì non ti piace. E ti manca la mamma. Ma non ci puoi fare molto.
Prendo su e faccio una lista delle principali librerie bolognesi.
Mi procuro i numeri di telefono.
Faccio un paio di telefonate per sapere se cercano addetti alla vendita, commessi in cassa o cose simili.
Nessuno sta cercando niente.
Una riprovi sotto Natale ma, per il momento, no, mi dispiace.
(Anche a me.)
Ormai il mercato delle librerie si è spostato online, è difficile che cerchino personale per i negozi. Che son già riforniti, e costretti a pagare poco, in ogni caso.
Valeva la pena provare.
Aggiorno il curriculum e scrivo una lettera motivazionale per candidarmi come sviluppatore per la parte e-commerce degli stessi store.
Niente. Nessuna risposta in quasi due mesi.
Per lo stesso periodo, monitoro ogni giorno la sezione Trova Lavoro in Editoria di una nota agenzia letteraria online. Ma anche lì non c'è niente che faccia al caso mio.
Presa dallo sconforto, oggi, mi procuro il numero di telefono della biblioteca del paese, mi armo di faccia tosta e alla prima voce che mi risponde dico: salve, mi scusi, non so se posso chiedere a lei, ma non trovo le informazioni che sto cercando da nessuna parte e ci provo. Chiamavo per un'informazione.
Mi dica, dall'altra parte.
Ecco, glielo chiedo senza troppi fronzoli: se uno volesse diventare bibliotecario, cosa dovrebbe fare?
…
Beh, guardi.
E parte a spiegarmi come stanno le cose. Che tramite concorsi si entra in una graduatoria che scala solo in caso di pensione, o di decesso. Quindi ormai la gente lascia perdere i concorsi e si affida alle cooperative. Che pagano una miseria per orari pieni. Per farla breve, se ha già un lavoro le conviene tenerselo. (Con tutta la disponibilità e l'imbarazzo di una persona che sta cercando realmente di venirmi incontro). Se vuole posso comunque passarle il numero della responsabile.
No, grazie mille, non fa niente. Fin troppo gentile. Buonasera, scusi il disturbo.
(Ma quanto ci starebbe un'abbuffata oggi?)
Ma io voglio fare la bibliotecaria nella vita?
A lavoro dobbiamo consegnare un progetto che farà molti soldi. E si verificano questi periodi in cui si fanno le otto di sera in ufficio tutte le sere. Sono stanca e stressata, detesto stare così. Per qualcosa di cui non mi importa niente, tra l'altro.
Se è una cosa che ho già detto la ripeto: non c'è il tempo di fare le cose "per hobby". È una fesseria da ignoranti.
Quello sul tempo sta diventando un discorso delicato. Non ci avevo mai pensato prima, voglio dire in senso lato, rapportato alla mia vita e ai miei anni, non alle mie giornate. Quelle sono sempre state strette. Ma la mia età no. Ho sempre pensato di avere tutto il tempo che volevo a disposizione ancora, di averne un sacco, che, se davvero la vita fosse una giornata, sarebbe stato neanche mezzogiorno per me. E invece all'improvviso mi sento come se fossero le tre di pomeriggio. Troppo tardi per progettare un viaggio nuovo, troppo presto per rinunciare.
È una preoccupazione che non avevo mai avuto.
Sono una di quelle persone che non dimostrano gli anni che hanno, di solito; ma, nonostante le facce imbarazzate (te ne davo meno scusa se no non avrei chiesto!), non ho mai avuto problemi a rispondere alla domanda "che non si dovrebbe fare alle signore". Non l'ho mai capito quel tipo di riguardo. Gli anni si guadagnano. Però, ecco, la verità è che oggi mi sento proprio... in ritardo, ecco. È così che mi sento. In ritardo, per la miseria. Di almeno una decina d'anni.
Le mie scadenze non si sono mai spinte oltre il calcolo di una manciata di mesi, mentre ora inizio ad avere paura che il tempo non basti, che me ne serva ancora tanto per i progetti che ho; o, peggio, che debba ridimensionare i miei progetti.
Poi, un giorno qualunque, leggo una frase sul web che cita più o meno così:
"Non sei in ritardo e non sei in anticipo, sei nel tuo tempo."
Grazie!
Anche se mi rendo conto che il nostro tempo a disposizione non è infinito. Sono grata per quel che c'è. Sto cercando di farlo valere, infatti.
E, neanche a farlo apposta, a un certo punto MJ mi passa in chat questo pezzo di Kant:
"Infine deve pur cadere il sipario. Perché alla lunga diverrebbe una farsa; e se gli attori non se ne stancano perché sono pazzi, se ne stanca lo spettatore, che a un atto o all'altro finisce per averne abbastanza se ha ragione di presumere che l'opera, non giungendo mai alla fine, sia eternamente la stessa."
Già. È anche giusto così, vero?
Forse l'unico modo per sorridere, alla fine, è veramente aver fatto un percorso straordinario.
Confido nell'estate. Che è sempre stata un momento produttivo, sereno, libero, creativo. Voglio fare tante di quelle cose... Voglio fargli cadere lo scettro. Voglio scardinargli i piani, le lancette. E poi potrò finalmente fare lunghe passeggiate in montagna. E stendermi al sole in spiaggia, dopo un bagno rigenerante per il frullatore che ho al posto del cervello.
Voglio il sole in faccia. Non un distributore di aria condizionata, che mi fredda lentamente.
Voglio licenziarmi.
"[...] Certamente potranno viaggiare quelli che si sono guadagnati i soldi del biglietto seppure vivranno tanto; ma per allora, probabilmente, avranno perduto l'elasticità delle membra e il desiderio di viaggiare. Questo gettare via la maggior parte della vita umana guadagnando danaro per godere di una libertà piuttosto dubbia nel periodo meno prezioso dell'esistenza, mi fa ricordare quell'inglese che andò in India a fare fortuna per poi tornare in Inghilterra e fare la vita del poeta. Avrebbe dovuto rinchiudersi subito in una soffitta. "Come!" Esclama una gran massa di irlandesi balzando in piedi da tutte le capanne della terra, "non è forse una buona cosa questa ferrovia che abbiamo costruito?" "Si" rispondo, relativamente buona, cioè in quanto avreste anche potuto fare peggio; ma poiché siete miei fratelli, avrei voluto che impiegaste meglio il vostro tempo, invece che lavorare in questo sudiciume."
(Henry David Thoreau, Walden. Ovvero vita nei boschi, 1854)
Perché la bibliotecaria?
Al di là del delirio di una brutta giornata e dello stress a lavoro, ogni tanto mi prende questo bisogno di rifugiarmi nei libri per sempre. E così è inevitabile associare la felicità alla biblioteca, un mestiere che mi immagino umile e tranquillo, lontano anni luce dall’isteria, la frenesia e il lusso del mondo della moda dei grandi marchi, che è quello per cui lavoro e che ormai detesto.
Non nascondo di aver pensato anche, non chiedetemi come, che questo mi avrebbe dato la possibilità anche di scrivere più facilmente.
Poi rinsavisco dai miei giorni da Castore nell’Ade e torno a ragionare.
L’unica cosa sicura è che, per salute mentale e fisica, in un modo o nell’altro, me ne devo andare da qui. Pur continuando a sviluppare per l’e-commerce, già passare dall’ambito della moda a quello dei libri sarebbe un sogno.
Toppe su toppe prima di fare il grande salto. Di quando uno ancora se la racconta perché non riesce a sognare in grande. Mollare tutto e raggiungere l’impossibile. Arriverà il giorno?