5) Intolleranze e Pocahontas

"The journey of a thousand miles begins with a single step."
(Lao Tzu)

- 226.

La storia delle intolleranze alimentari è iniziata che quasi per caso mi ritrovo con un numero di telefono in mano e una raccomandazione nelle orecchie: è bravo.
Così, chiamo questo dottore bravo e prendo un appuntamento con la sua segretaria. 

Per farla breve, arrivato il giorno, seduta sul lettino dello studio, mi guardo da fuori tenere un braccio alzato in orizzontale e l'altro accasciato in attesa di istruzioni. Il dottore mi consegna una fialetta di vetro piena di un qualche liquido da tenere nella mano moscia e poi mi dice: Adesso io cercherò di spingerle l'altro braccio verso il basso. Lei mi opponga resistenza, spinga verso l'alto, non lo faccia cadere.
Facile, penso. Il braccio non mi cade, infatti.

Così, lui ripone la fialetta che tengo stretta in mano nel foro orfano della sua collezione ordinata, e me ne consegna un'altra. L'altro braccio ancora non mi cade.
Così proviamo con la terza fialetta. Lui fa pressione come le altre due volte e il mio braccio questa volta si affloscia come un palloncino sgonfio.
No, un attimo! Dico. Scusi, non ero pronta. Rifacciamo. Arrossisco. Lui spinge di nuovo, e il braccio mi cade di nuovo. Oh! Ma... Non si preoccupi, mi fa. Tutto regolare. E sorride. Latticini.
Cosa? Dico. È intollerante ai latticini, la boccetta che tiene in mano. Sono categorie di alimenti. L'intolleranza inibisce il muscolo.

Rimango come quando ho scoperto che eco è femminile.

Riproviamo con altre fialette, mi cade il braccio un'altra volta tra tutte e lo sento alle mie spalle commentare: Interessante. Cosa? Chiedo. Glutine, mi risponde. Glutine? Glutine?! Noh. Wow. Ecco perché sembro incinta. Non ci posso credere. Si figuri che, siccome sto sempre male, mangio pasta in bianco. Lui sorride.
Sono senza parole, mentre mi cade un'altra volta il braccio sulla frutta secca. Insomma, la seduta finisce con un ex foglio bianco riempito di crocette su tutte le voci in cui mi si è afflosciato il muscolo.
La visita medica più assurda, e utile, della mia vita.

Scopro che è facile avvelenarsi lentamente con una piccola dose al giorno delle cose (sbagliate) che mangiamo. Quei mal di testa frequenti a cui non prestiamo attenzione perché tanto c'è l'aspirina, quei gonfiori senza spiegazione perché "non può essere, quelle cose le hai sempre mangiate e non sei allergico".
L'allergia e l'intolleranza sono due cose diverse. Ma la seconda è peggio, come tutte le cose subdole che lavorano un po' alla volta, nell'ombra, in silenzio. E, a lungo andare, son quelle che essendo state trascurate ti rovinano. Inoltre, l'intolleranza fa ingrassare. Magari ti ritrovi a ingrassare mangiando insalata perché non sai di essere intollerante alla lattuga. Non so perché la maggior parte di noi fa fatica a mettere a fuoco una cosa banale come che, se in una macchina che va a benzina ci metti il diesel, la macchina si ingolfa. Forse perché poche gocce di diesel alla volta non la riescono a fermare, la rallentano solo. (E la spaccano nel tempo). Ma perché diamo per scontato che sia normale sentirsi stanchi, fiacchi e gonfi almeno una volta al giorno? Il corpo ci parla.
Imparato questo, ho riprogrammato la mia alimentazione da capo e lo stomaco mi è guarito. Inoltre, ho perso un sacco di peso. Poi, dopo essermi disintossicata completamente (tre mesi di esclusione), ho reintrodotto le intolleranze a piccole dosi. Perché possono passare, se curate, e al massimo rimangono quelle che si chiamano ipersensibilità. Basta non esagerare con gli alimenti a cui siamo ipersensibili e si può mangiare tutto in totale tranquillità.

Adesso sono nella fase in cui di nuovo ho accumulato troppi sgarri. Compro libri che hanno titoli come Vincere le abbuffate o cose del genere ed è qui che ho deciso di ri-cavalcare l'onda di quel primo peso che si perde senza sforzo evitando le intolleranze e dissociando i cibi. E ho perso altri 0,4 kg dalla settimana scorsa. Tengo un diario, dove scrivo tutto quello che mangio e che bevo ogni volta, con gli orari, insieme a qualsiasi commento legato al pasto mi venga in mente. Qualsiasi cosa senta l'esigenza di appuntare. Questo mi aiuta a tenere sotto controllo la situazione, e il mio stato mentale. Sta funzionando per il momento. Sento il sacrificio soprattutto a fine giornata, dopo cena. Oppure nei buchi del fine settimana, in casa. A volte devo mettermi a fare qualcosa che mi distolga dalla voglia di andarmi a svuotare il frigorifero. Spesso mi metto a scrivere. Oppure vado a lavarmi i denti. O mi sparo la musica nelle orecchie e mi metto a leggere i testi. O mi metto a leggere e basta. Insomma, cose così.
In questa prima fase in cui non si contano le quantità, cerco di riempirmi più che posso durante i pasti e, tutto sommato, tolta l'astinenza psicologica, mi sento sazia la maggior parte del tempo. E i risultati mi incoraggiano a proseguire.
Verrà un momento in cui questo non basterà più. E sarà lì che dovrò farmi trovare pronta con un bel paio di scarpe da tennis ai piedi.

Questa cosa del dover iniziare a camminare mi piace. Sono una ex nuotatrice, e quando ero piccola, aiutata dall'allenamento sportivo, scorrazzavo per la collina dietro casa mia usando piedi e mani come un animaletto nel vento, mi inventavo storie basate sulla velocità e sul volo, in mezzo a rami e liane e ostacoli immaginari che dovevano essere schivati o saltati. Mi sentivo un tutt'uno con la natura, correvo sfrecciavo mi arrampicavo stavo a contatto con la terra, mi piaceva l'odore e l'idea, mi sentivo una bambina selvaggia cresciuta nella foresta. Credevo di essere la reincarnazione di una leopardessa o robe così. Mi piacevano film come Tarzan o Sheena la regina della giungla. Pocahontas. E a scuola le gare di corsa le vincevo tutte. Non sapevo di essere veloce davvero fino a quando una mia compagna delle medie non mi usò come obiettivo da battere nelle corse di ginnastica. Io non mi sforzavo tanto, correvo e basta. E vincevo. Da grande ho realizzato che nuotavo con gente di quattordici anni mentre io ne avevo nove. Non sapevo che stare al passo non fosse scontato.
Ero inconsapevolmente clamorosamente allenata.
L'ultimo anno siamo arrivate pari. La sua espressione dura e concentrata, il suo senso di competizione (che a me manca tuttora), il come era solita prendersi sul serio mi hanno sempre divertito, in un certo senso.
Beh, la sua tenacia è stata premiata alla fine, no?
Tuttora mi capita di sognare di correre a quattro zampe, non so perché. Quando mi inseguono. Nei sogni, dico.

Non ho idea di cosa sia successo dopo. Devo essere rimasta incastrata nella disciplina dello studio superiore e ho smesso di vivere all'aria aperta. Così, da un giorno all'altro. Non saprei dire. O forse all'improvviso non sono stata più bambina e basta.

Ho comprato qualche libro sui dettagli tecnici, come si fa a non sfasciarsi una caviglia subito, che calzini usare, e roba del genere, e qualche altro sulla filosofia che ci sta dietro, qualcosa di Thoreau (Vita nei Boschi) e qualcos'altro che ha a che fare con un certo Elogio dei sentieri e della lentezza, sottotitolo che mi è piaciuto un sacco. Va a finire che mi do al trekking. Ma preferirei aspettare l'estate, perciò...
Nel frattempo, tiro fuori il caro vecchio tapis roulant dal garage, e un'App bella ricca di percorsi virtuali, e l'organizzo per quando sarà necessario iniziare e proseguire con costanza.

Per il momento, passo le serate dopo il lavoro a studiare le E aperte e le E chiuse. Ho avvertito parenti, amici e conoscenti che se da oggi dirò che andrà tutto bÈne non dÈvono farci caso. Che non riuscirò mai a imparare se non inizio a parlare così anche quando non leggo.
E, tra una risata e l'altra, credo che prima o poi si abitueranno.
Spero.
(Con la E aperta.)

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4 risposte a “5) Intolleranze e Pocahontas”

  1. Premesso che l’argomento trattato, con tutti gli annessi e connessi, mi è molto familiare, affermo che ho atteso questo nuovo racconto con gioia. Mi piace parecchio “ascoltare” chi ha cose da dire e sa farlo con dovizia di particolari ma con squisita leggerezza! Grazie davvero.

    1. Grazie tante, Donatella! Adesso sono curiosa di sapere della tua familiarità in merito 🙂 L’argomento dieta / salute, fra gli altri, tornerà di tanto in tanto. Così avremo modo di approfondire ogni volta che vorrai e, nel caso, mi aiuterai ad essere sempre sul pezzo! Nel frattempo, ti ringrazio davvero perché mi segui con così tanto affetto e ti rispondo che è proprio un piacere condividere con persone così.
      Sì, credo che la leggerezza fosse obbligatoria questa settimana, per (stemperare la puntata della settimana scorsa e) raccontare quanto la Bridget Jones che è in me sia stata aiutata dalle persone giuste. Banale forse ma doveroso ricordare che la salute fisica è fondamentale per affrontare un percorso completo di trasformazione verso la serenità. Bisogna proprio arrivare a splendere fuori e dentro. Con il dovuto impegno 😀
      Grazie per aver colto come sempre.

  2. Grazie di cuore per le rinnovate e belle considerazioni sulla mia ricettivita’ 🙂 🙂 saro’ sempre a completa disposizione per accogliere i tuoi racconti (di qualunque natura siano) e di parlarti della mia lunga “amicizia” con il pianeta dieta.

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